I mercenari di Prodi li pagava Tanzi

Romano Prodi vive col denaro un rapporto di olimpico distacco. Questa nobile virtù, si sa, è poco diffusa, tranne che fra i ricchi, categoria alla quale Prodi appartiene senza sensi di colpa. Anzi, il suo animo è talmente elevato da svettare ben oltre la vile quotidianità:gli occhi di Prodi guardano oltre, la sua intelligenza si proietta verso gli scenari del domani, lo spirito di puro servizio non gli concede il privilegio di perdersi nelle bassezze d’un conto corrente, d’una distinta bancaria.

Per cui, se punta il dito contro la corruzione dei costumi e la tirannia del profitto, non resta che da abbassare il capo e ascoltare contriti. Ieri il leader del centrosinistra ha ritenuto fosse giunto il momento di tracciare il sentiero della moralità nel deserto etico d’Italia.

È successo, infatti, che Berlusconi abbia assoldato mille ragazzi – le camicie azzurre – col compito di seguire i candidati alle prossime elezioni regionali, indirizzarli con il loro entusiasmo, imparare dalla loro esperienza.
Poiché questi giovanotti possiedono uno stomaco e il desiderio di riempirlo una o persino due volte al giorno, Berlusconi ha pensato bene di retribuirli. Ah, quale meschinità! Poteva restare impunita un’abiezione simile? Giammai!

La politica – ha tuonato Prodi – è il luogo degli ideali, degli slanci cristallini, non del portafoglio pieno.
La circostanza che il suo sia stracolmo, non gli ha reso la voce meno ferma né lo sguardo meno fiammeggiante.
I mille giovinastri, ha detto, «sono mercenari». E ha aggiunto con la durezza dei giusti: «Non possiamo arruolare mille mercenari, ma ad ogni mercenario dobbiamo far fronte con mille volontari… Non abbiamo bisogno di persone che si facciano pagare».

E sul punto non si dubita: già si fa pagare lui, avanzassero la pretesa degli altri, gli toccherebbe di ridursi il salario.
Prodi guadagna un milione di euro all’anno, equivalente di un miliardo e novecentotrentasei milioni di lire. La scorsa estate, si pose il problema di un suo rientro in Italia perché riprendesse in mano le sorti dell’Ulivo e dunque del Paese. Ci si può forse tirare indietro quando la patria chiama? Quando serve la dedizione dei migliori, l’energia degli eletti? Prodi rispose: «Obbedisco».

E soltanto dopo, timidamente, quasi lacerato, osò: «Quanto sganciate?». Il Triciclo ha fatto due conti coi rimborsi elettorali, la quota per questo partito, la quota per quell’altro e tirate le somme ci si accordò per un milione di euro nel 2004, un milione nel 2005, e nel 2006 si vedrà. Ora capirete perché ieri Prodi abbia inciso nelle nostre coscienze la terribile sentenza: «Non abbiamo bisogno di gente che si faccia pagare». Eh no. Chi è tanto vile da lordare i più profondi convincimenti ideali con squallide ragioni di quattrini, altro non è che un «mercenario».

Non parlava di sé. Lui non si occupa di soldi. Tanto è vero che se Berlusconi decide di abbassare le tasse, Prodi rabbrividisce. La trova una soluzione di intollerabile volgarità. Un’oscena e umiliante elemosina. Anche la carità, se va fatta, va fatta con una certa classe.

Come la faceva Calisto Tanzi, il quale era gravato dai debiti, ma quando Prodi girava l’Italia in pullman per la campagna elettorale, la benzina era in conto alla Parmalat.

«Noi non abbiamo bisogno di persone che si facciano pagare». Hanno bisogno di quelle che pagano.
Ma, insomma, se mille ragazzi cercano di capire qualcosa di come va il mondo, e incassano da Berlusconi lo stipendiuccio, sono orridi mercenari. La politica è dedizione. È volontariato. Non è mercimonio. Chi oserebbe offrire servigio al popolo e al contempo pretendere la mensilità, a parte seicentotrenta deputati, trecentoquindici senatori, i governatori delle regioni, i presidenti delle province, i sindaci delle città, gli assessori regionali, provinciali e comunali, i consiglieri regionali, provinciali e comunali, i funzionari di partito, i ministri, i sottosegretari, i segretari, i portaborse eccetera eccetera? Chi arriverebbe a tanto? Ci vogliono i volontari, è stata la soluzione fulminante di Prodi. E tali devono essere, infatti, gli amministratori di certe società e aziende citati nell’edizione di ieri del Tempo, quotidiano di Roma.

Alla pagina quattro, c’era l’elenco dei contributi volontari girati ai disinteressatissimi leader della nostra politica.
Il segretario dei Ds, Piero Fassino, per conto del partito ha preso 100 mila euro da Capuana Srl, 100 mila dalla Coop edile Bastia, 100 mila dalla Ispeg, e così via, per un totale di 680 mila euro.

Massimo D’Alema, presidente dei Ds, ha preso 25 mila euro da Air One, 25 mila dalla Isa Milano, 20 mila dalla Technital, e così via, per un totale di 110 mila euro.

Pierluigi Bersani, Ds, ex ministro nei governi Prodi, D’Alema e Amato, ha preso 20 mila euro da Air One, 20 mila da Federacciai (Confindustria), 20 mila da Intercopnsult, 12 mila e 500 dalla Sea, e così via, per un totale di 117 mila euro.

Paolo Costa, della Margherita, ha preso 100 mila euro dalla Oreste Fracasso, 25 mila dalla Fin.Ast, e così via, per un totale di 145 mila euro.

Clemente Mastella, per conto dell’Udeur, ha preso 50 mila euro dalla Mec di Torino, 40 mila dalla Wanda Mandarini, 25 mila dalla Ied, 20 mila dalla Ssat, e così via, per un totale vicino ai 200 mila euro.
Sergio Cofferati, ex segretario generale della Cgil, ora sindaco di Bologna, si è accontentato di 13 mila euro dalla Manutencoop, e di 12 mila dalla Sea si è accontentato Enrico Letta della Margherita, allievo prediletto di Prodi.

Naturalmente nella lista ci sono anche numerosi capi del centrodestra, e i più in vista: Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Marco Follini, Umberto Bossi. E forse loro investiranno i quattrini anche per mantenere l’esercito delle camicie azzurre. E così faranno delle nuove, spensierate e oneste leve italiane un’accozzaglia di avidi puzzoni, che da grandi non penseranno ad altro che a chiedere, chiedere, chiedere e prendere, prendere, prendere.
A sinistra sono fatti di altra stoffa, intendono edificare l’Italia di domani, vogliono una classe dirigente altruista e appassionata, e dunque soltanto volontari, e ai volontari neanche una lira, che poi ci vengono su scostumati. E così evviva le Simone, le volontarie col cuore in mano. Ecco un esempio fulgido per gli adolescenti.

Certo, un compenso ce l’hanno anche loro, non possono campare d’aria, ma quanto è più genuino impegnarsi in Iraq piuttosto che per Tremonti e Dell’Utri (il quale non è un sequestratore ma, secondo la procura di Palermo, un mafioso della peggiore specie)?

Evviva Gino Strada, il medico dei reietti. Ha preso su e ha regalato la sua scienza e la sua vita agli ultimi del pianeta. Poi torna in Italia e denuncia con furia la guerra sporca americana, combattuta soltanto per il potere, per le multinazionali, per il petrolio. E sono petrolieri, i Moratti, tra i più munifici finanziatori della sua organizzazione, Emergency.

Ma «noi non abbiamo bisogno di persone che si facciano pagare». Basta. Di questa politica del denaro, Prodi ha le tasche piene. Se gli state dietro, magari casca fuori uno spicciolo.Mattia Feltri Libero

Vittorio Sgarbi: Saddam nel tombino e Sofri

Provo dolore e rabbia ogni volta che leggo un articolo di Adriano Sofri, e penso, con infinita pena, allo stato di costrizione cui è obbligato per ciò che non ha fatto, ma che, se anche avesse fatto, avrebbe ampiamente scontato; e per l’esemplare punizione, e per la grande maturità civile che rivela nei suoi pensieri e nelle sue riflessioni. E’ vero che ciò che lo Stato non è riuscito a garantirgli con la grazia, alla cui firma sembra così riluttante il Presidente tanto solerte nel respingere alle Camere la Legge Gasparri, è garantito a Sofri da quei giornali che si illustrano delle sua firma pubblicandone gli articoli a fianco dei più rispettati editorialisti; ma, non di meno, dispiace dover ogni volta registrare questo paradosso della dignità umiliata.

Ciò che il regime fascista impose a Gramsci, la democrazia non è riuscita a impedire all’ordine giudiziario senza misure e senza controllo.

Su La Repubblica di Sabato sono messi a confronto due scritti: sul tema ìQuando il vinto è un tirannoî. Una bella e letteraria riflessione di Pietro Citati sulla caduta degli dei, e una magistrale interpretazione di Adriano Sofri sulla pietà per i potenti.

Per un attimo Sofri, come tutti noi, ha vacillato:îStavo per cedere ad una compassione per quella faccia da Moustaki, inselvatichito e inebetito, quando ne son ostato salvato da una cascata di ricordi. Dei fotogrammi in cui quel grossista del gas brandiva una scimitarra in una mano e un fucile nell’altra, e si proclamava redivivo Nabucodonosor e spada dell’Islam; e dei certificati di pagamenti consegnati solennemente ai famigliari di ragazze e ragazzi mandati a uccidere e uccidersi in Israeleî

Eppure, inerme, nascosto in un rifugio miserabile, esplorato in bocca per riconoscerne l’identità dai denti, per un attimo Saddam Hussein ci ha fatto pietà. Sofri analizza questa nostra reazione, che non fu così evidente neppure davanti ai corpi di Mussolini e di Ceausescu:îNon bisognava aspettare di tirarlo fuori da quel tombino, il vecchio tiranno, per accorgersi della sua misura infima. Lì dentro, invece, era sul punto di farci compassione, e sarebbe un buon segno sull’anima nostra, perché amiamo i barboni strappati al sonno dentro al loro cartone, ma quello era solo un impostore, non è facile diventare un barboneÖSono soprattutto i grandi delinquenti che fanno pensare alla storia come all’opera di grandi uominiî.

Mostrando un’assoluta lucidità, Sofri, ci spiega le nostre debolezze e le nostre contraddizioni, senza ipocrisia: ìUn morto è una tragedia, un milione è una statistica: pensierino di Stalin, il grande statisticoÖ.La grandezza ha col male un legame assai più intimo che col bene, il bene è piccolo. Si tiene ai bordiî.

Ed è proprio leggendo considerazioni così acute e precise che si prova vergogna a immaginare Saddam rispettato come prigioniero di guerra e Sofri chiuso in una cella, e da molti anni: il primo responsabile di migliaia, forse milioni di morti, in una indeterminata follia statistica; l’altro non dimostrato istigatore di un omicidio di classe, orribile equivoco di una generazione che costò la vita a Calabresi e la cui responsabilità storica sconta soltanto Sofri.
Belle e notevoli sono anche le conclusioni di Sofri sulla pena di morte, arbitraria per la giustizia che la stabilisce in nome del popolo, non diversamente dall’omicidio che compie il criminale. ì ìLa pena di morte inflitta ai disgraziati è una florida prosecuzione delle barbarie nella civiltà, della vendetta nella giustizia.

La pena di morte nelle vicende degli Stati e dei popoli ó esclusa, si ricordi, dallo Statuto del Tribunale penale internazione ó ha una sua speciale imbecillità. Perché immagina di adeguare l’estremità della pena alla grandezza criminale del vinto. Ma il vinto non è grande. Non l’ha meritata, la pena capitale, nel senso più vero: non ne è stato all’altezzaî. Un uomo che riflette e che dice, e che ci insegna queste cose, è tenuto in carcere. E noi siamo impotenti ad ascoltarlo senza ci sia consentito di farlo essere libero, così come egli ci libera dai pregiudizi.

Anche quello comunista, che gli iracheni si dovevano liberare da soli, e che Bush è peggio di Saddam Hussein. Storture degli appelli velleitari alla pace.

Ogni tanto anche io penso che la guerra poteva essere evitata, che gli americani hanno forzato una situazione difficile, estrema, ma mentendo sulle armi in mano a Saddam Hussein. E, come molti, ho pensato che la guerra è sempre sbagliata.

Ma oggi che il dittatore è definitivamente caduto, per essere giustamente avviato al carcere dove sta ingiustamente Sofri, mi chiedo:îChi doveva liberare gli iracheni da Saddam Hussein?î. ìC’era un altro modo per batterlo e catturarlo?î ìLa guerra preventiva non è stata forse una guerra di liberazioneî?.

Gli iracheni erano impotenti di fronte al male, ma anche noi siamo impotenti di fronte a una giustizia che stabilisce pene sproporzionate alle colpe. Uno scandalo a cui non ci si può rassegnare. Un male della ragione che non si può più tollerare.

T.Parenti: volevano qualcuno con il cerino in mano

Nella parte estesa del post c’è un’intervista a Tiziana Parenti, ex-Pool Mani Pulite. Tanto per dare una rinfrescata a “que(st)i tempi”… (Grazie a Mauro)

Tiziana Parenti oggi fa l’avvocato. «Sono stata giudice e pm, così completo le parti del processo», scherza.
La sua biografia, in effetti, si presenta un po’ inquieta. Anche nella breve stagione politica ha fatto in tempo a conoscere entrambi gli schieramenti: ha iniziato con Forza Italia ed è passata al centrosinistra, con l’Udr di Cossiga e poi con lo Sdi. Partito a cui si sente ancora un po’ legata: «Boselli non poteva andare con Di Pietro. Il Triciclo – dice – sarebbe diventato un carretto. Di Pietro è l’uomo qualunque, che c’entra un giustizialista col riformismo?».
Ma anche l’accoppiamento Di PietroOcchetto non lo vede meno anomalo: «Uno di destra, l’altro di sinistra, cosa ci fanno insieme?». Vorrebbe dire di più, visto ora che l’uomo simbolo di Mani pulite si associa a quello che ai tempi dell’inchiesta era il segretario del Pds. E visto anche che, qualche giorno fa, Gerardo D’Ambrosio ha ammesso che non disdegnerebbe una eventuale proposta elettorale dell’Ulivo o dei Ds, sia pur «come indipendente».
«I fatti in qualche modo mi danno ragione», si limita a dire sorridendo.La vita di Tiziana Parenti oggi ha ritmi lenti: «Prendo solo alcune cause che voglio approfondire», spiega nel suo studio romano in via Pascarella, fra Trastevere e Porta Portese. Il posto giusto per riflettere. Anche su quella vicenda di 10 anni fa, che la portò alla ribalta ma l’ha anche segnata, come presa in mezzo a una transizione mai chiusa e che ciascuno vorrebbe oggi chiudere a modo suo.
Titti la rossa“, il pm delle tangenti rosse. Mai accertate. Per sua incapacità o perché semplicemente non c’erano, dice una delle scuole di pensiero su Tangentopoli. «Perché non mi hanno fatto andare a fondo», sostiene lei che, nel tempo, è riuscita a rompere anche con i fautori dell’altra scuola di pensiero, quella che accusa il pool di aver indagato su un solo versante. «Non amo i gruppi monolitici, gli yesman», dice per tentare di spiegare tanti cambi di appartenenza.Da ex comunista, per dirne un’altra, ha tentato di ammanettare i comunisti: pochi sanno che il magistrato che doveva scovare le tangenti dell’ex Pci, al Pci era stato iscritto in gioventù per tre anni, a Pisa.

Anche su questo è riuscita a recitare varie parti in commedia…

“E già. Ma ho una mia convinzione: deve sapere che quando si vince il concorso in magistratura vanno dichiarate eventuali militanze politiche passate. Le mie erano agli atti. “

Dove vuol arrivare?

“Ero appena arrivata, ero già stata in precedenza a Milano giudice di Corte d’Assise, ma in Procura non mi conosceva nessuno, e avendo chiesto di andare alla Direzione distrettuale Antimafia pensavo di esser destinata lì. Per quale ragione, se non per quella nota nel curriculum, poterono pensare a me? La persona giusta per chiudere l’indagine sull’ex-Pci con un nulla di fatto… “
Ma i suoi ex superiori sostengono che voleva procedere nell’inchiesta attraverso strappi, senza aver niente in mano.
“Se il problema fosse stata la mia incapacità la soluzione era facile, visto che non avevo chiesto io di entrare nel pool. Fra l’altro neanche ne ero parte, ufficialmente: bastava togliermi l’inchiesta e sostituirmi. Invece volevano qualcuno che restasse col cerino in mano. “

Greganti però era stato arrestato.

“Era in galera da più di un mese, ma trovai che non era stata fatta alcuna attività d’indagine, né sui conti in Svizzera, né sulle tangenti Enel, né sulle coop, né tantomeno sui soldi che arrivavano dalla Germania dell’Est, questione saltata fuori nelle indagini di Torino sulla società Eumit. “
Ma lei fu accusata da D’Ambrosio di animosità verso il Pds, di voler indagare il povero Marcello Stefanini, tesoriere del partito, senza prove.
“Nessuna animosità. L’informazione di garanzia a Stefanini era un atto dovuto. Mi fu invece risposto che, se volevo, quel provvedimento me lo scrivevo da sola.Alla fine D’Ambrosio condusse in proprio le indagini finché non scoprì che Greganti col miliardo e passa incassato si era comprato un appartamento a Roma.
Ma allora, mi chiedo, se quei soldi non erano per il partito, perché nessuno ha denunciato Greganti per millantato credito o per calunnia, avendoli incassati garantendo per il Pds? Ma no. La verità è che nei grandi enti il Pci-Pds era rappresentato come gli altri. I tesorieri lo sapevano bene. Solo che il Pci è nato come struttura clandestina e tale in gran parte era ancora il Pds: il Muro era caduto da poco. C’erano persone vincolate persino con giuramento a tener fuori il partito dal loro operato, per cui era possibile sentirsi rispondere «Greganti chi?» da dirigenti del partito. D’altronde, mi chiedo, se non c’erano finanziamenti illeciti, come mai dopo Tangentopoli hanno dovuto vendere Botteghe Oscure e hanno ora debiti colossali? Quali fondi son venuti a mancare?”

Ragiona come i suoi ex-amici di Forza Italia.

“Non direi. Veda, l’inchiesta ebbe una velocità impensabile grazie al corale sostegno mediatico, per conservare il quale si pensò bene di non affondare il colpo da un lato con l’ex Pci (fu colpita un po’ solo la corrente migliorista) ma dall’altro anche con Fininvest. Che, si ricorderà, appoggiò fortemente l’inchiesta, sulle sue reti. ” Manipulite che ha risparmiato le società di Berlusconi. Questa è nuova.
“Invece è così. Prima della discesa in campo Fininvest fu solo sfiorata, con l’arresto di Aldo Brancher. íˆ dopo che è iniziata quella che Berlusconi chiama persecuzione. “

Come si è chiusa la sua parentesi alla Procura di Milano?

D’Ambrosio mi chiese, a voce, in corridoio, di riconsegnargli gli atti, ma io pretesi richiesta scritta. Ci rivedemmo dopo un mese, quando ero già stata assegnata alla Dda. C’era un mare di faldoni sparsi su un tavolone, sembrava un emporio. Mi propose: «Tu ti tieni la parte relativa al Pci e a me lasci il Pds». Ma non accettai: l’inchiesta, gli opposi, non poteva essere sdoppiata.”

E le tangenti rosse restano tuttora un capitolo non chiarito.

“Infatti si naviga a vista. Solo conoscendo il passato si può costruire il futuro: la vicenda dei finanziamenti al Pci fa parte della storia del Paese. Il finanziamento illecito è, in qualche modo, parte della storia della nostra democrazia: la politica, si sa, aveva un costo altissimo per i partiti della cosiddetta Prima Repubblica. “

Ma perché solo sul Pci non si sarebbe arrivati alla verità?

“Perché a fronte di metodi espliciti, anche arroganti, degli altri, lì c’era da indagare su un sistema complicato di scatole cinesi, con uomini e società “coperte”. Ci sarebbe voluto il doppio dell’impegno, degli strumenti e invece ne furono impiegati la metà. “

Ma quale sarebbe ora la soluzione? L’amnistia?

“Non servirebbe, ormai i reati sono tutti prescritti. Ma proprio per questo, sapendo di non poter essere più perseguiti, si potrebbe ora dire la verità, tutti. Paradossalmente, anche attraverso il finanziamento illecito, fra i partiti c’era un riconoscimento reciproco. Non ammetterlo è una delle ragioni che impedisce ai partiti di oggi lo stesso riconoscimento. E anche a progetti come quello del listone unitario di Prodi di decollare.”

La coop Costruttori ha fatto crac. Nel silenzio assoluto

C’era una volta la Coop Costruttori, 2300 dipendenti, fatturati altissimi (?), la spina dorsale composta da dipendenti cui veniva trattenuto il 10% in busta paga alla voce “prestito sociale” ed ex dipendenti che investivano al suo interno come in una banca. Qualcuno ci ha messo tutti i risparmi di una vita.

I loro crediti sono definiti con una parola importante, impegnativa: chirografari. In pratica, in caso di fallimento, sono rimborsabili solo dopo quelli privilegiati, cui appartengono quelli dei fornitori, delle banche, dei dipendenti ecc. Triste parola, allora.

Ora questo gigante delle Coop ha fatto crac ed è commissariata, e si parla di un buco di un miliardo di euro, nonostante negli ultimi anni i bilanci presentati fossero vispi e attivi.

Come è possibile? La Coopcostruttori sosteneva fosse colpa dei creditori, ma i commissari smentiscono, mentre le voci di bilancio non corrispondono, 10.700 creditori bussano alla porta e 2226 dipendenti, di cui 1700 ormai in cassa integrazione, la vedono grama. Ma ancor più grama è per i 300 soci che da questa disinvolta gestione usciranno senza un euro dei cento milioni che spetterebbero loro. E il silenzio dei media, soprattutto di quelli particolarmente dediti all’ossessione berlusconiana, è assordante.

La Padania se n’era occupata anni fa, e nonostante la gravità dei fatti emersi non sembra la cosa abbia granchè interessato i quotidiani virtuosi. Il crac rimane silenzioso, fa rumore solo in quella provincia e non negli articoli o nei telegiornali. Chissà perchè …

Resta attualissima la domanda di un’ascoltatrice di Radio Città Aperta, moglie di un operaio della Costruttori (la lettera segue alla fine):”Oggi mi chiedevo una cosa: ma se la coop che è un’azienda enorme stava andando in fallimento dai bilanci si sarebbe dovuto capire, possibile che non li leggeva nessuno? ma quanti erano compiacenti?”
Sarebbe interessante avere una risposta.

Da: Radio Città Aperta
Operai, cooperative e inganni.

la coop costruttori con sede Argenta

Una lettera di una nostra ascoltatrice

Ciao, ho letto la vostra email questa sera e sono molto contenta di avere trovato qualcuno che ha voglia di ascoltare. Mio marito e altri 2850 edili circa lavorano (o meglio lavoravano) per la coop costruttori con sede Argenta.
come dicevo nell’email precedente dal mese di febbraio non ricevono stipendio, il capo cantiere di Piacenza (i cantieri sono dislocati in tutta italia, ognuno con un suo capocantiere) inventava scuse varie cercando continuamente di prendere tempo fino a quando la situazione è scoppiata, cioe venerdi scorso.

Durante il mese di aprile gli operai del cantiere di Piacenza (quello dove lavorava mio marito) hanno manifestato più volte il loro ovvio malcontento scioperando, il caro capo li ha minacciati dicendo loro che se non avessero sospeso immediatamente lo sciopero (dimenticando che è ancora un diritto) li avrebbe fatti tornare a Roma senza soldi per il viaggio ed in più avrebbe detto al ristorante dove loro mangiavano di non dargli più i pasti. Il tutto succedeva sotto gli occhi dei sindacati (cgl ecc).
Quando mio marito ha chiesto al sindacalista se la coop poteva farlo (minacciare contro lo sciopero ecc) lui ha risposto non lo possono fare ma lo fanno, questo è stato l’interessamento del sindacalista.
Venerdi (gli operai ogni fine settimana tornavano a casa), il capoccetta ha detto in un primo momento a tutti gli operai di mettersi in malattia in attesa di risposte più chiare, mentre loro erano in viaggio per tornare a Roma, li ha chiamati al cellulare dicendo non mettetevi in malattia sta partendo la cassa integrazione speciale.
Tutto questo avviene senza un foglio di carta scritto dove la ditta dice di non presentarsi al lavoro, senza nessun preavviso, senza soprattutto nessuna garanzia che faccia rispettare i diritti minimi. venerdi gli operai sono rientrati con il furgone della ditta, hanno lasciato li i loro abiti il tutto perchè il capo ha proseguito fino all’ultimo a promettere fumo, dicendo ma no vedrete che tra una settimana sarà tutto risolto.
Oggi parlando al telefono con il sindacalista di Piacenza (sempre cgl, ovviamente abbiamo già chiamato i cobas i quali purtroppo nell’edilizia non sono molto informati ma si stanno interessando e mercoledi abbiamo un incontro con loro) siamo stati informati che la coop costruttori ha uno scoperto insanabile di non so quanti miliardi, mi ha riferito inoltre, che i giornali di ferrara non stanno più parlando della cosa e questo è preoccupante, ci ha spiegato che le banche per intervenire hanno fatto delle richieste all’azienda ma che non si capisce bene il perchè l’azienda non da risposte forti ecc ecc ecc insomma una serie di parole che non giustificano quello che sta succedendo.
Questo ragazzo oggi al telefono, ha detto a me personalmente che loro cercano se possono, di salvare la coop e che questa sarebbe l’unica soluzione per gli edili (ci sarebbe comunque un enorme riduzione di personale a suo avviso perderanno il lavoro piu di 1500 operai).
Non sono state fatte vertenze, ripeto non abbiamo nulla di scritto ed io personalmente ho anche la paura che essendo tornati loro a casa con il furgone aziendale, senza essersi portati via tutte le loro cose, i padroni possano dire che gli operai non si sono presentati al lavoro!!! del resto qui è tutto solo verbale!! Oggi sempre il sindacalista mi ha detto di avere spedito via fax una lettera alla ditta, dove diceva che gli operai sono rimasti a casa come richiesto dalla ditta in attesa di disposizioni!! SARA VERO??? forse! per noi sono ancora solo parole.
Oggi c’è stata un’assemble della cgl qui a Roma, con tutti i delegati sindacali dei vari cantieri della coop, dove si è detto(mio marito ha partecipato pur non essendo delegato) che i sindacati non possono pensare di mandare in fallimento la ditta e che loro stanno cercando di vedere se ancora si può fare qualcosa (il sindacalista di Piacenza oggi al telefono non era però ottimista) ed hanno detto che se entro Venerdi non si saranno trovate soluzioni, chiederanno alla ditta di dichiarare fallimento, venerdi ci sarà l’incontro a Bologna (la coop costruttori è rossa si fa per dire ovviamente quindi capirete la mia diffidenza verso l’interessamanto della cgl).
Oggi il capo cantiere ha detto al telefono ancora una volta di non preoccuparsi, che da martedi saranno in cassa integrazione oppure, li avrebbe avvisati di mettersi in malattia!! ha detto in oltre a mio marito, che ha sbagliato ad andare ad assistere all’assemblea dei sindacati perchè il cantiere di Piacenza è un cantiere privilegiato rispetto agli altri, mi chiedo perchè mai sarà privilegiato(pensa gli altri come stanno!!!!) questa cosa sta succedendo nel silenzio assoluto, 2850 persone circa sono senza stipendio da 3 mesi, stanno rimanendo senza lavoro, persone che da anni lavoravano per la coop, persone anche di oltre i 50 anni di età per i quali trovare un altro lavoro sarà una cosa impossibile.
mi chiedo ma possibile che non sento due parole al telegiornale, non ci sono due righe da nessuna parte (se ci sono solo nella cronaca di argenta e ripeto se ci sono), possibile che nessuno sappia dirci a chi ci dobbiamo rivolgere per sapere qualcosa di reale e non parole?
e poi ancora 2850 persone che perdono da un giorno all’altro il lavoro non dovrebbe essere una notizia con molta risonanza? qui sembra proprio di no.
Oggi mi chiedevo una cosa: ma se la coop che è un’azienda enorme stava andando in fallimento dai bilanci si sarebbe dovuto capire, possibile che non li leggeva nessuno? ma quanti erano compiacenti?
Voglio spiegare un’altra cosa della coop; tutti i mesi veniva ritirato oltre alla quota sociale di 25 euro mensili ( e questo per legge lo possono fare), il 10% dello stipendio(e questo non è legale ma loro dicevano che era una regola interna),per avere un ulteriore fondo a disposizione dell’azienda; questi soldi sarebbe stati resi all’occorrenza solo se richiesti sotto specifica domanda del lavoratore e dopo l’approvazione del consiglio dei dirigenti (ridavano solo il 30%).
Questi soldi che fine hanno fatto? e quando verranno restituiti? ovviamente mai lo sappiamo bene!!
Voglio dire inoltre, che con tutte le bugie le scuse inventate,i temporeggiamenti hanno fatto si che molti operai si licenziassero da soli, perdendo cosi diritto a qualunque ammortizzatore sociale ammesso che ce ne saranno!!
Per quanto riguarda le condizioni delle famiglie senza stipendio da 3 mesi non serve descriverle le immaginate benissimo soli!
Spero di essere riuscita a spiegarvi bene come stanno andando le cose, grazie per l’interessamento
un saluto

Oliviero Diliberto:a spasso con i terroristi di Hezbollah

“Bisogna assicurare la pace nell’area del Medio Oriente e contrastare ogni tentativo di innescare una guerra di civiltà, rilanciando il dialogo tra le culture del Mediterraneo”

Oliviero Diliberto ex Ministro di Grazia e Giustizia nei fasti del governo ulivista – durante l’incontro con Hassan Nasrallah, il leader di Hezbollah, Esercito di Dio, movimento libanese che ha lanciato gli attacchi suicidi come forma di lotta, avente come scopo la distruzione dello Stato d’Israele e al suo attivo centinaia di morti israeliani, americani, occidentali, civili e no.

Quelle consulenze inutili a peso d’oro

“…caro direttore…un po’ di anni fa lessi dell’avvenuto pagamento da parte dello Stato alla soc. Nomisma dell’on. Prodi, di una parcella di dieci miliardi di vecchie lire per la stesura di uno studio sull’Alta Velocità, ma di questo documento non se ne trovò traccia alcuna. Si è poi saputo che fine abbia fatto o è passato tutto in cavalleria? Paolo Sciacchitano Milano

Dipende da cosa lei intende per passar tutto in cavalleria. Lo studio di Nomisma “Alta Velocità ferroviaria e mobilità per ragioni di lavoro” in qualche cassetto dovrà pur giacere. Non so dirle se fu mai letto e preso in considerazione, però posso assicurarle che costò al committente una barca di quattrini. Non tocca a me giudicare, Dio me ne scampi, tuttavia mi chiedo perchè uno che intende metter su l’Alta velocità e che quindi si presume sappia fare quello che sta facendo, debba sentire il bisogno di chiedere a un esoso consulente esterno se il suo progetto è di qualche utilità.

Il nocciolo dello studio commissionato alla Nomisma si riduceva a questo: quale sarebbe stato l’impatto dell’Alta velocità sulla mobilità per lavoro “mutando la variabile dei tempi di percorrenza”. Pensi un po’. Se lo chiedevano a me risparmiavano un sacco di tempo e di denaro perchè la risposta è semplice: mutando la variabile dei tempi di percorrenza si arriva prima. Fine. Stop.

Non c’era bisogno di Nomisma per intuire che la caratteristica di un treno ad alta velocità è l’andar veloce. Non c’era bisogno di stimare “attraverso un’indagine quantitativa”, ossia interrogando la gente, “gli effetti sulla mobilità per lavoro nelle tratte Milano-Bologna e Roma -Napoli, causati dall’introduzione del Tav”.

E quali mai potevano essere gli effetti se non giungere a destinazione un’ora prima o partire un’ora dopo e quindi dormire un’ora in più?

La Nomisma, fondata nel 1981 dal nostro caro e bravo Romano Prodi, pare si sia specializzata in questo genere di consulenze. Si racconta che sfornò uno studio sulla potentia coeundi degli asini in Somalia (bastava che il richiedente facesse una telefonata a qualche Mohamed Alì di Mogadiscio e con diecimila lire se la cavava).

Motivo d’orgoglio della Nomisma sono i due studi – due- “volti a misurare il ruolo socioeconomico diretto e indotto legato” della coppa di Parma, coppa inteso come salume, quale la mortadella, per intenderci. O il lavoro sulla efficacia della pubblicità negli stadi, con tanto di “profilo socio demografico del tifoso juventino che assiste alla partita in televisione” e di valutazione del ricordo spontaneo ed indotto dei marchi dei prodotti presenti sulla cartellonistica di bordo campo. Mizzica. Io spendo tot per piazzare un cartellone a bordo campo poi un altro tot per sapere perchè lo metto…
Paolo Granzotto